In questi giorni si stanno svolgendo in tutta Italia i test d’ingresso per le facoltà a numero chiuso, fra le proteste e il ricorso nazionale promosso dall’Unione degli Universitari. Bloccare l’accesso all’università a migliaia di studenti è un’aberrazione perché vuol dire negare a priori il diritto di poter arrivare ai più alti gradi d’istruzione sancito dalla nostra Costituzione.
Da quest’anno poi le novità introdotte rendono il test ancora più iniquo: non solo questi studenti sono costretti a una verifica su delle competenze universitarie che non possono avere acquisito con la scuola superiore, e quindi spesso a dover pagare profumatamente ripetizioni e corsi preparatori, ma fanno i conti anche con il così detto “bonus maturità”, cioè l’assegnazione di punti in più in relazione al voto conseguito all’esame di stato, assegnazione arbitraria che cambia da scuola a scuola. Come da diversi anni a questa parte, i provvedimenti introdotti invece di cambiare in meglio la scuola e l’università Italiane, ad esempio migliorando il collegamento che non esiste fra questi due segmenti del percorso formativo, mirano a introdurre ulteriori ostacoli a scapito degli studenti.
Il numero chiuso è sbagliato per principio, ma il fatto che non sia ancora stato abolito in Italia è una miopia politica enorme. Il nostro Paese è ultimo per numero di laureati in Europa, con un calo sensazionale negli ultimi anni. Tutte le statistiche dicono chiaramente che per uscire dalla crisi c’è bisogno di sapere, di conoscenze, di innovare il mondo lavoro, e ci dicono anche di come sia più “facile” per i giovani laureati trovare lavoro in relazione ai loro coetanei meno formati.
In questa legislatura fin da subito ci siamo attivati contro il numero chiuso e il bonus maturità, ma per questo Governo, sostenuto da questa strana maggioranza, le priorità sono sempre altre, e quasi mai coincidono con quelle di migliaia di studenti che chiedono semplicemente di poter studiare e lavorare in Italia.
Titti, sono e siamo con te, baci