Si stanno svolgendo in questi giorni le audizioni sul decreto sicurezza che contiene norme per combattere la violenza contro le donne. Nel momento in cui il decreto è stato incardinato il 20 agosto, abbiamo chiesto il coinvolgimento delle associazioni e dei centri antiviolenza. Ora bisogna ascoltare le moltissime e autorevoli critiche che sono emerse da tutti gli interventi per evitare una distanza forte tra il Parlamento e chi (associazioni, magistrati, sindacati) è in prima linea ogni giorno su questo tema. Non bastano i simboli: per combattere efficacemente la violenza contro le donne il decreto va cambiato. Infatti, nonostante si riconosca il suo carattere politico e sociale così come fa la convenzione di Istanbul, viene poi trattata insieme ad altri temi come un problema di ordine pubblico, per giunta emergenziale al pari della violenza negli stadi. La violenza contro le donne si combatte trovando risorse per i centri antiviolenza, sostenendo l’autonomia delle donne, assicurando occupazione e welfare, con interventi sul piano culturale a partire dalla scuola, proprio perché le radici della violenza si trovano nelle relazioni, nel senso di possesso maschile nei confronti delle donne e nella difficoltà a relazionarsi con la loro libertà. Il decreto dunque va cambiato, a partire dall’irrevocabilità della denuncia. Non servono e possono essere controproducenti interventi frammentati e che affrontano un pezzo alla volta aspetti diversi senza mai aggredire le radici della violenza. Non serve nominare i problemi e allo stesso tempo negare le condizioni e le risorse necessarie per cominciare ad affrontarli.