Premessa
– I lavori della Camera sono stati scanditi nella settimana dalla discussione e dal voto di emendamenti all’articolo 1 della Riforma Costituzionale. Proseguiranno nei giorni successivi fino alla conclusione della seconda lettura per poi ritornare al Senato per la terza lettura secondo le regole previste per la revisione della Costituzione. Il dibattito più che sul merito dell’art.1 (composizione e funzione del nuovo Senato) si è concentrato sui tempi della discussione. L’opposizione tutta ha ingaggiato un braccio di ferro con la maggioranza perché la discussione del provvedimento venisse spostata a dopo l’elezione del Presidente della Repubblica. Un braccio di ferro che molto esplicitamente aveva come oggetto appunto “la trattativa” da un lato sul Presidente della Repubblica e dall’altra sulla riforma elettorale. La discussione di merito era già avvenuta infatti in Commissione, punto per punto sui 1200 circa emendamenti. Li si sono misurate due visioni del senso della Riforma istituzionale: la difesa del bicameralismo perfetto da un lato e dall’altro la nostra scelta del suo superamento – antico obiettivo della sinistra – per una maggiore qualità ed efficacia della democrazia, così come succede in molti altri paesi.
– Le dimissioni di Giorgio Napolitano hanno aperto formalmente la procedura per la sua successione e non c’è dubbio che questo è l’argomento che ha catalizzato l’attenzione politica nella discussione alla Camera in questa settimana e analogamente avverrà nelle prossime. Dopo Napolitano, che è stato il garante della democrazia del nostro Paese, riferimento certo e nobile in Italia e fuori Italia, non è possibile immaginare che alla Presidenza possa salire una figura con caratteristiche di minor autorevolezza: questo sarà il primo obiettivo da convenire dentro il Pd e nel rapporto con le altre forze politiche, in modo che l’elezione avvenga con il massimo consenso e rapidamente, come richiede la situazione del paese e quella internazionale .
– Altro argomento centrale della settimana sono ovviamente le reazioni e le conseguenze della strage di Parigi. E’ importante che nella lotta al terrorismo l’Europa ritrovi quello spirito e quei valori fondamentali che sono il cuore dell’Europa e il motivo stesso per cui viene attaccata. Rispondere al terrorismo negando i fondamenti del patto europeo vorrebbe dire alzare bandiera bianca e dichiarare la sconfitta in uno scontro di civiltà che è prima di tutto ideologico, oltre che orrendamente fisico come dimostrano i morti ammazzati di questi tristi giorni. Il populismo di Le Pen in Francia e dei corrispondenti della Lega nostrani rischia per qualche voto in più e per raccogliere il consenso di pancia di un’Europa stravolta di mettere in discussione proprio questo assunto. Sospendere il trattato di Schengen ad esempio vorrebbe dire negare uno dei principi fondamentali dell’Europa stessa: la libera circolazione delle persone e delle merci, che insieme alla libertà di espressione, di culto, all’idea di welfare e pace, sono l’unione europea, e lo sono molto più dell’euro, della banca centrale europea e degli accordi economici fra gli stati. Certo misure per aumentare sicurezza e controlli incrociati sono utili e necessarie così come il lavoro di intelligence ma la sospensione di Shengen sarebbe oltre che la negazione dei principi costitutivi dell’Unione anche inutile, visto che gli autori della strage di Parigi erano e sono cittadini francesi a cui non è pensabile negare la circolazione. La verità poi è che l’Europa in questo scontro si trova impreparata. La manifestazione di Place de la Republique dimostra, come ha ben scritto Toureine su Repubblica, che i valori di fratellanza, solidarietà, pace e convivenza delle diversità sono ben chiari e presenti nell’anima del popolo Europeo. Meno chiari e presenti sono stati però nell’azione politica degli stati in questi anni. Come ha ribadito Matteo Renzi per la chiusura del semestre europeo, il mondo ha bisogno di più Europa, ma non di un’Europa che parla solo di austerità, che viene percepita dai cittadini Europei come un insieme di vincoli e sanzioni economiche che penalizzano gli stati. Impegnarsi per aumentare i controlli, per incrementare la sicurezza nazionale, per combattere il terrorismo in Europa e negli altri Paesi in cui le cellule terroristiche hanno sede e si organizzano è sicuramente importante, tanto quanto però ridiscutere le priorità dell’Europa e riprendere il processo costituente degli Stati Uniti europei.