Premessa
Questa settimana alla Camera sono stati votati: una relazione della commissione antimafia sul gioco lecito e illecito; una proposta di legge he regola le attività in ristorazione in abitazione privata e una mozione sul fenomeno dell’immigrazione.
Purtroppo è la settimana in cui abbiamo assistito all’ennesima tragedia. Il terremoto è tornato a scuotere l’Italia e quei territori già segnati dalla devastazione del sisma di quest’estate che lentamente stavano iniziando a rimettersi in piedi. Questa volta l’eccezionalità degli eventi ha reso la situazione ancora più difficile da gestire: il maltempo e la neve impediscono i soccorsi e le scosse incessanti azzerano la ricostruzione. Di fronte ad una tragedia di questa portata ci vuole prima di tutto sobrietà politica, rispetto e riconoscimento per tutte quelle persone che ancora in queste ore stanno salvando delle vite.
Certo di fronte a tante tragedie concatenate nessun intervento è risolutivo o all’altezza del dramma. Da ciò a negare l’efficacia degli interventi sia della protezione civile che del Governo sull’emergenza e sulla ricostruzione ce ne corre: interventi di emergenza sia per le persone, che per le imprese nelle aree coinvolte che interventi previsti per la messa in sicurezza antisismica in generale degli edifici (bonus sisma previsto in legge di bilancio) e nella prospettiva di lungo termine, con il progetto Casa Italia per la messa in sicurezza del territorio coordinato dal Rettore del Politecnico di Milano Giovanni Azzone.
L’invito del Presidente del Consiglio alla sobrietà nella polemica politica è dunque prima di tutto il necessario segno di rispetto nei confronti di chi in quei territori sta lavorando senza sosta per aiutare le persone e salvare vite. Non certo un modo per svicolare dagli approfondimenti necessari ma successivi sul funzionamento della catena dei soccorsi.
Un appello che parte dell’opposizione politica non ha saputo raccogliere.
Questa è anche la settimana in cui è stata incardinata in commissione Lavoro la proposta di legge, a mia prima firma, sulla tracciabilità delle buste paga dei lavoratori. Pdl Di Salvo (1041)
Il 13 Luglio del 2015 Paola Clemente, 49 enne bracciante di Andria, in provincia di Taranto, è morta in una campagna pugliese stroncata dalla fatica mentre raccoglieva l’uva per 27 euro al giorno, meno di 2 euro all’ora. Uno dei tanti casi di caporalato diventati tristemente noti alle cronache in questi anni. Paola era assunta con un contratto regolare da un’agenzia interinale ma quello che le veniva realmente dato per il suo lavoro era un importo molto differente da quello che compariva sulla sua busta paga. Quella di Paola è la storia di molte e molti che lavorano nei campi, in condizioni disumane per pochi euro l’ora senza nessuna norma di sicurezza o di primo soccorso, succubi di vecchi e nuovi caporali. Da storie come questa è nata la legge contro il caporalato approvata pochi mesi fa dal Parlamento. Una legge importante che inasprisce le pene contro intermediari e datori di lavoro, tutela le vittime, chiama in prima linea le amministrazioni locali. Una buona legge, chiesta da associazioni e sindacati e attesa da molto tempo.
La tracciabilità delle buste paga è un ulteriore passo di civiltà nel lavoro in agricoltura e in tutti i settori produttivi: alcuni datori di lavoro, sotto il ricatto del licenziamento o della non assunzione, corrispondono ai lavoratori una retribuzione inferiore ai minimi fissati dalla contrattazione collettiva, pur facendo firmare al lavoratore, molto spesso, una busta paga dalla quale risulta una retribuzione regolare. Come succedeva a Paola. La proposta introduce un semplice meccanismo anti-elusivo che consiste nel rendere obbligatorio il pagamento delle retribuzioni attraverso gli istituti bancari o gli uffici postali. Il lavoratore potrà scegliere fra l’accredito diretto sul proprio conto corrente, l’emissione di un assegno oppure il pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale. E una apposita convenzione con ABI e Poste italiane eviterà costi per le imprese e i lavoratori. Una norma che speriamo di approvare al più presto, che punta da un lato a tutelare la dignità del lavoro e dall’altro ad aiutare le imprese serie e meritevoli che non lucrano sfruttando i lavoratori e le lavoratrici. Così come è stato con la norma contro le dimissioni in bianco che, da quanto emerge da gli ultimi dati Inps, è riuscita a contrastare radicalmente questo abuso.
Relazione sulle infiltrazioni mafiose e criminali nel gioco lecito e illecito, approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere (Doc. XXIII, n. 18)
Il settore dei giochi negli ultimi anni è diventato uno dei settori di maggiore profitto per le mafie. Quello dei giochi legali è uno dei pochi che negli ultimi anni, nonostante la crisi economica, ha vissuto un incremento consistente: in soli cinque anni si è passati, come volume d’affari del giocato, da circa 61 miliardi a oltre 84. Già questo dà la dimensione di come un settore economico di questo tipo possa rappresentare un ambito di grande interesse per la criminalità organizzata e in effetti inchieste recenti, oggetto dell’analisi della Commissione, accertano quanto le infiltrazioni del crimine organizzato nel nostro Paese siano ormai estremamente ramificate. La relazione dà atto di interventi importanti e concreti partiti già con la comunitaria del 2008, attraverso la richiesta e poi l’introduzione di un conto dedicato, che consenta di garantire la tracciabilità delle vincite e che, dunque, consente di contrastare il fenomeno di riciclaggio, molto diffuso. Vi sono anche interventi messi in campo anche dal precedente Governo, attraverso la legge di stabilità del 2016, ad esempio la progressiva sostituzione di quelle macchinette, le new slot, di più datata generazione, che sono proprio quelle che maggiormente vengono manomesse dal crimine organizzato. Ve ne sono altri anche meno legati all’aspetto del contrasto al crimine organizzato. Ad esempio i limiti sulla pubblicità, le maggiori trattenute per gli enti gestori, la creazione di un fondo per la cura dei giocatori compulsivi, fino all’ultimo intervento di questo Governo, solo pochi giorni fa, attraverso l’introduzione nei LEA, nei livelli essenziali di assistenza, della ludopatia, quindi del gioco compulsivo. La relazione, oltre a dare una dettagliata indicazione di quelle che sono le modalità e le fenomenologie attraverso le quali le mafie si infiltrano del settore del gioco, dà anche conto di tutta una serie di proposte operative e dunque di interventi, anche normativi, che senz’altro sono quanto mai opportuni proprio per continuare a contrastare il fenomeno delle infiltrazioni delle mafie, del crimine organizzato nel settore del gioco. Sicuramente vanno potenziate misure antiriciclaggio, anche in un’ottica internazionale ed europea, proprio perché le nuove modalità operative attestano come, in realtà, uno dei problemi sempre più presenti sia proprio quello dell’abuso di siti online, spesso con sede legale all’estero. Bisogna uscire da un approccio sanzionatorio che dia peso soltanto alle pene pecuniarie: l’esperienza, anche in ambito antimafia, dimostra come, invece, la possibilità di confiscare locali o macchinette o, addirittura, la possibilità di chiudere gli esercizi laddove questi siano irregolari siano molto più fattive e molto più efficaci nel contrasto. È poi necessaria l’introduzione di requisiti molto più severi per l’accesso alle concessioni. In ultimo si suggerisce l’introduzione di un organo di vigilanza rafforzata, che consenta di raggruppare all’interno di un unico organo, come ad esempio non è attualmente l’Agenzia dei monopoli, il controllo di tutta una serie di diverse manifestazioni di gioco d’azzardo.
Testo unificato delle proposte di legge: Minardo; Cancelleri ed altri; Basso ed altri; Ricciatti ed altri: Disciplina dell’attività di ristorazione in abitazione privata (A.C. 3258-3337-3725-3807-A)
Il 17 gennaio 2017 la Camera dei deputati ha approvato in prima lettura la prima normativa organica di regolazione del settore dell’attività di ristorazione in abitazione privata. La Commissione Attività Produttive ha elaborato un testo unificato sulla base delle proposte di legge avanzate da diversi Gruppi parlamentari (PD, AP-NCD, SI, M5S).
Il provvedimento si propone di regolare un fenomeno recente, ad oggi privo di disciplina, espressione della c.d. sharing economy: privati cittadini, nell’ambito di un’attività non professionale, ricevono presso la propria abitazione ospiti con cui sono entrati in contatto attraverso piattaforme digitali, offrendo loro una cena, dietro pagamento effettuato, solitamente, mediante le stesse piattaforme digitali. Si tratta di un primo passo nell’elaborazione di una nuova e specifica legislazione delle recenti modalità di interazione e di intermediazione di attività non professionali di condivisione nate grazie allo sviluppo della rete e delle relative piattaforme digitali.
In Italia il fenomeno, secondo un’indagine di Confesercenti, nel 2014 contava già 7 mila cuochi in attività con circa 37 mila eventi realizzati, con un incasso medio di 198 euro.
Il testo approvato dalla Camera dei deputati pone degli obblighi in capo ai gestori delle piattaforme digitali attraverso cui avviene il contatto tra il cuoco operatore e l’utente finale.
Stabilisce che l’operatore cuoco debba svolgere questa attività in modo non professionale, fissando un limite annuo ai proventi di 5.000 euro. Fissa, inoltre, le caratteristiche che devono essere possedute dall’immobile in cui si esercita l’attività di ristorazione, nonché l’obbligo di rispettare talune procedure igieniche.
Dispone infine delle sanzioni che vanno fino alla chiusura dell’esercizio per i soggetti che violano le norme. Approfondisci qui
Mozioni Fedriga ed altri n. 1-01231, Palazzotto ed altri n. 1-01465, Altieri ed altri n. 1-01466, Andrea Maestri ed altri n. 1-01467, Santerini ed altri n. 1-01468, Dieni ed altri n. 1-01469, Brunetta ed altri n. 1-01470 e Rampelli ed altri n. 1-01471 concernenti iniziative in materia di gestione dei flussi migratori, anche alla luce di recenti circolari del Ministero dell’interno
I Governi italiani, negli ultimi due anni, sono stati, fortemente impegnati sia sul piano interno, sia sotto il profilo del proprio attivo coinvolgimento nelle istituzioni europee, per fronteggiare un consistente numero di sbarchi di migranti sulle coste italiane, con misure di accoglienza idonee a garantire il rispetto della dignità e dei diritti umani, il corretto espletamento delle pratiche di identificazione e di gestione delle richieste di protezione internazionale, nonché la sicurezza del territorio e dei cittadini italiani. Parallelamente all’aumento degli sbarchi nel nostro Paese sono cresciute anche le richieste di protezione internazionale, rilevante è anche il crescente numero di minori stranieri non accompagnati, tra i soggetti maggiormente vulnerabili all’interno di questi flussi. Appare pertanto sempre più necessaria un’accurata riforma del sistema di valutazione delle domande di asilo, sia attraverso il potenziamento delle commissioni territoriali competenti, anche con personale specializzato da impiegare a titolo continuativo ed esclusivo, sia rafforzando le sedi giudiziarie maggiormente esposte, in modo da realizzare una capacità di risposta più elevata da parte dello Stato, sia in termini quantitativi, sia in termini di qualità ed equità del processo decisionale, allineando così il nostro sistema agli standard europei. Di fronte all’incremento degli sbarchi avvenuto negli ultimi tre anni, il Governo è riuscito ad aumentare la capacità di accoglienza, adottando una nuova strategia fondata sull’ospitalità diffusa di piccoli gruppi distribuiti nel territorio, evitando di concentrare un numero eccessivo di migranti e grandi strutture e in territori circoscritti, per ridurne l’impatto e scongiurare eventuali tensioni sociali, e favorire altresì processi di positiva integrazione. Con la mozione si chiede al Governo di perseverare nel lavoro in seno alle istituzioni dell’Unione europea per rilanciare una politica condivisa sull’asilo e sulla revisione del regolamento «Dublino III»; di proseguire sulla strada del rafforzamento e dell’estensione degli accordi bilaterali con i Paesi del Mediterraneo, volti sia ad arginare il più possibile le partenze verso l’Italia sia a favorire la riammissione dei cittadini e irregolarmente presenti in Italia; ad incrementare la cooperazione internazionale con i Paesi africani di origine e transito dei migranti per creare opportunità di crescita e sviluppo che possano, in futuro, prevenire i flussi migratori verso l’Europa; di adottare, anche in via d’urgenza, misure atte a velocizzare le procedure relative all’esame delle domande di protezione internazionale; di porre in essere un’intensa attività di controllo per la verifica degli standard strutturali e gestionali posti nei bandi di gara pubblici, della correttezza dei contratti stipulati agli operatori e delle condizioni igieniche e sanitarie dei luoghi di accoglienza, delle attività dedicate all’informazione e alla formazione dei processi per favorire politiche di inclusione sociale nonché della correttezza e dei pagamenti ai sottoscrittori di appalti pubblici; di assicurare la doverosa attenzione verso i minori non accompagnati, le vittime di tratta e le persone in condizione di vulnerabilità sociale; di adottare iniziative, anche normative, per favorire la partecipazione dei richiedenti asilo in attesa di risposta ad iniziative di pubblica utilità, allo scopo di favorire il loro coinvolgimento in attività positive per la comunità che li accoglie e come esperienza propedeutica al loro futuro eventuale processo di integrazione.
Comunicazioni del Ministro della Giustizia sull’amministrazione della giustizia, ai sensi dell’articolo 86 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall’articolo 2, comma 29, della legge 25 luglio 2005, n. 150
Il contenuto della relazione al Parlamento del Ministro Orlando ha da un lato tracciato un bilancio di un lavoro svolto da Governo e Parlamento, e dall’altro lato rappresentato questioni ancora aperte che, anche in quest’ultima fase della legislatura dovranno vederci impegnati. Abbiamo innanzitutto apprezzato il metodo che il Ministro ha adoperato in questi anni, un metodo di confronto con tutte le componenti della giurisdizione: la magistratura, rispettandone rigorosamente l’autonomia e l’indipendenza, il mondo dell’avvocatura, e poi anche quello del personale, delle cancellerie, che adesso, tra l’altro, conoscerà in maniera significativa ulteriori necessari ampliamenti per la cronica mancanza di organici. La relazione ha fornito dei dati sull’abbassamento significativo, importante, dei procedimenti delle cause pendenti per esempio nel civile, che dagli oltre 5 milioni del 2013 sono passati a 3.700.000 di oggi, con un tempo medio di affari civili, per un tribunale, di 367 giorni rispetto a quasi 550. Abbiamo scalato posizioni in questi anni, nel parametro che misura la risoluzione delle controversie commerciali, e c’è un nuovo soggetto dell’ordinamento, il nuovo tribunale delle imprese, che ha risolto l’80 per cento delle controversie in un anno. Siamo il primo Paese europeo ad avere informatizzato integralmente il processo civile, obiettivo importante non solo per una giustizia più efficiente, per un processo civile di fatto e non soltanto di nome, ma anche per l’economia e per gli investimenti. Ci sono poi strumenti per combattere più incisivamente la corruzione e per tenere insieme la durata ragionevole dei processi, che è un obiettivo ancora non raggiunto, con l’obiettivo di evitare che una prescrizione troppo breve per certi gravi reati, come quelli della corruzione, possa impedire di arrivare neanche al primo grado di giudizio. Bisogna agire sul tema delle intercettazioni: quello che si deve evitare è la pubblicazione di intercettazioni che non abbiano alcuna rilevanza penale né di contesto. Nessuno può pensare di mettere bavagli, il diritto all’informazione è una cosa importante, come nessuno ha mai pensato di limitare l’uso delle intercettazioni per le indagini e per l’acquisizione di prove, ma quello che si deve ribadire è il principio, anche e soprattutto a difesa del cittadino comune, che, per intercettazioni o fatti che non hanno alcun rilievo, nessuno può essere condannato a un’esposizione mediatica per la quale non c’è nessuna difesa. Ancora sul tema delle carceri: se in questi anni molto si è fatto contro il sovraffollamento e le condizioni dei detenuti, bisogna rimettere al centro il tema della pena come recupero e come rieducazione, non come punizione.