Premessa
La Camera questa settimana ha approvato: una proposta di legge per istituire le ferrovie turistiche e una per il sostegno e la valorizzazione del Festival Verdi di Parma e Busseto e del Roma Europa Festival; una mozione sul fenomeno della resistenza agli antibiotici e una sui quesiti referendari sul Jobs Act; ha inoltre approvato la relazione della commissione d’inchiesta sulla morte di Aldo Moro.
Una settimana resa drammatica dal perdurare degli effetti del maltempo combinato con il terremoto e appesantita da un surplus di polemica.
In questi giorni l’attesa della sentenza della corte ha monopolizzato la polemica politica. Il suo esito merita qualche commento:
– la legge elettorale che risulta dai rilievi della corte è immediatamente applicabile. Considerazione questa anticipata dalla Corte stessa – ancora prima delle motivazioni della sentenza – perché non ci fossero interpretazioni a proposito, nonostante fosse chiaro che la Consulta non avrebbe che potuto determinare una legge elettorale auto-applicativa.
– l’impianto dell’Italicum è confermato ma non ci sarà più il ballottaggio tra le prime 2 liste nel caso in cui nessuna superasse il 40 per cento. Un cambiamento importante ma ampiamente prevedibile dopo l’esito del referendum del 4 dicembre (bicameralismo);
– le 2 leggi elettorali oggi a disposizione hanno lo stesso impianto proporzionale e differenze, alcune delle quali esistono da sempre: da quelle determinate dalle platee diverse dell’elettorato attivo e passivo a quelle determinate dalle base regionale di elezione del Senato.
Altre differenze discendono dagli interventi successivi della Corte sulle leggi elettorali sottoposte al suo vaglio che hanno consegnato 2 sistemi elettori applicabili ma non del tutto omogenei;
– il Presidente della Repubblica nel discorso di fine anno ha invitato le forze politiche al confronto in Parlamento per definire una legge elettorale razionale e il più omogenea possibile;
– il Partito Democratico ha da tempo proposto il Mattarellum come legge elettorale che riesce a tenere insieme governabilità e rappresentanza e contemporaneamente ha dato la disponibilità al confronto con le altre forze politiche per trovare soluzioni diverse, con una unica condizione: “niente melina”;
– la domanda a cui rispondere è che cosa oggi è più utile al Paese. La Lega e il M5S ogni giorno urlano “al voto, al voto”. Forza Italia chiede tempo per arrivare al giudizio della corte di Strasburgo grazie al quale Silvio Berlusconi potrebbe tornare candidabile. Il Partito Democratico dopo il referendum e le dimissioni del governo Renzi ha scelto di sostenere il governo Gentiloni per affrontare le emergenze (terremoto, immigrazione e economia) ben sapendo che la legislatura nata per fare le riforme, questo l’impegno preso alla rielezione di Napolitano, ha oggettivamente esaurito quella funzione.
Dunque si tratta di tirare le fila: in poco tempo si verificherà la vera disponibilità delle forze politiche a trovare un accordo sulla legge elettorale. Serve appunto questa disponibilità, non un tempo senza scadenza. Se non vi fosse ora non ci sarebbe neppure tra qualche mese.
E i grandi problemi del Paese non si possono affrontare con la sola sola assunzione di responsabilità del Partito Democratico e per converso la totale deresponsabilizzazione delle altre forze politiche che gonfia il vento dell’antipolitica.
Poi il governo Gentiloni, come sta facendo, lavorerà fino alla fine con impegno e serietà.
Proposta di legge: Iacono ed altri: Disposizioni per l’istituzione di ferrovie turistiche mediante il reimpiego di linee in disuso o in corso di dismissione situate in aree di particolare pregio naturalistico o archeologico (A.C. 1178-A)
La proposta di legge, approvata all’unanimità dalla Camera dei deputati il 24 gennaio, si propone di definire una cornice normativa certa, organica e razionale per la fattispecie «ferrovia turistica», a oggi non contemplata nel sistema normativo relativo al trasporto ferroviario, e di mettere quindi a sistema, attraverso la predisposizione di una serie di regole standard e mirate rispetto alla particolarità del viaggio, dei mezzi e delle infrastrutture utilizzate, una particolare e diffusa modalità di accesso e visita turistica dei territori di particolare valenza naturalistica, archeologica e culturale, quella attraverso linee ferroviarie secondarie costruite e attivate fra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, molte delle quali vere e proprie opere di ingegneria ferroviaria.
Si tratta di complessivi 1.300 chilometri da tempo sospesi al servizio di trasporto ordinario, molti dei quali a scartamento ridotto, non elettrificati e quasi tutti a binario unico, sulle quali i treni, spesso trainati da locomotori a vapore, viaggiano a basse velocità (30-50 chilometri orari) e attraversano ampie porzioni di territori, anche montani, di diverse regioni italiane, spesso inaccessibili ad altri mezzi di trasporto.
Queste tratte ferroviarie rappresentano già ora modalità di accesso alle aree interne e montane del nostro Paese e insieme connessione fra costa ed entroterra, motivazione di viaggio per molte destinazioni turistiche minori, che altrimenti sarebbero sconosciute, di fatto veri e propri attrattori turistico-culturali, intorno ai quali i territori hanno costruito con successo – e stanno costruendo, anche attraverso importanti investimenti finanziari e progettuali – sistemi di sviluppo turistico integrato.
Attrattori turistico-culturali attraverso i quali promuovere le destinazioni turistiche minori, per provare, come ribadito dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo Dario Franceschini durante l’audizione in Commissione Trasporti, a concretizzare quella strategia di moltiplicazione dell’offerta turistica italiana, per attrarre sia turismo interno che quello internazionale. Approfondisci qui
Mozioni Mantero ed altri n. 1-01463, Rondini ed altri n. 1-01475, D’Incecco ed altri n. 1-01476, Palese ed altri n. 1-01477, Nicchi ed altri n. 1-01478, Vargiu ed altri n. 1-01479, Binetti ed altri n. 1-01480, Gullo ed altri n. 1-01483 e Calabrò e Bosco n. 1-01484 concernenti iniziative in relazione al fenomeno della resistenza agli antibiotici
Il ricorso a terapie non esenti da effetti collaterali anche severi è aumentato nella pratica clinica con una leggerezza che ha portato a reazioni anche gravi e mortali, come stabiliscono i dati di cronaca e le pubblicazioni scientifiche su eventi annunciati nel bugiardino del farmaco che sono troppo spesso ignorati. In Italia, purtroppo, la statistica ci vede al primo posto nella classifica del “ricorso facile all’antibiotico”, che è segno che in alta percentuale gli antibiotici potrebbero essere evitati. L’uso spesso precauzionale che induce oggi i medici alla prescrizione di farmaci e di antibiotici, anche quando non ricorrano proprio le indicazioni cliniche, è legato spesso al timore di ripercussioni legali in caso di complicanze della malattia o al fatto che l’attuale sistema assistenziale mutualistico, fa, purtroppo, del medico anche un burocrate e lo costringe a togliere tempo per formulare una buona diagnosi, soffermarsi su una terapia mirata e, soprattutto, impegnarsi nelle raccomandazioni sulla prevenzione e cura, attraverso, ad esempio, un abbigliamento più caldo e adeguato, l’assunzione di bevande calde e agrumi nelle malattie dovute o aggravate dal raffreddamento corporeo, che favorisce la replicazione virale, vedi l’abuso di anti febbrili anche sopra i quattro anni di età o l’uso di indumenti di cotone o tessuti acrilici inadeguati alle basse temperature invernali. Gli italiani abusano di antibiotici anche per automedicazione, ma anche di cortisonici e antinfiammatori, non sapendo che per molte malattie di stagione sono inutili e, a volte, persino dannosi. Gravi sono le conseguenze dell’abuso e dell’uso improprio di antibiotici anche in agricoltura, con severe ripercussioni sull’impatto ambientale e sulla salute pubblica. Negli ultimi dieci anni è aumentato fino a un massimo di otto volte l’utilizzo negli allevamenti di tre classi di antibiotici ritenuti dall’Organizzazione mondiale della sanità di notevole importanza per la salute umana: le cefalosporine, i macrolidi e i fluorochinoloni. Gli esperti dicono che gli allevamenti intensivi di migliaia di animali in spazi ristretti e sovraffollati consentono all’infezione di diffondersi più rapidamente e c’è necessità, per prevenzione e cura, di una quantità sempre maggiore di antibiotici. Ogni anno nell’Unione europea la resistenza agli antibiotici provoca 25.000 decessi e una spesa sanitaria di un miliardo e mezzo; a detta dell’Organizzazione mondiale della sanità è una delle maggiori minacce per la salute globale. In Italia, il 71 per cento degli antibiotici, compresi anche quelli a consumo umano, è destinato agli animali; è urgente dunque accelerare le procedure per la predisposizione del Piano nazionale per l’antibiotico-resistenza, che preveda di monitorare i dati in modo trasparente, abolire l’uso sistematico e profilattico degli antibiotici, realizzare un piano obbligatorio di riduzione del consumo di antibiotici negli allevamenti italiani, di fare il monitoraggio trasparente dei dati e la riduzione del consumo di antibiotici, anche attraverso l’obbligatorietà della ricetta elettronica del farmaco veterinario, per fare controlli e monitoraggi sul consumo di antibiotici. Oltre a questo, con questa mozione, il Partito Democratico chiede al Governo di incentivare le campagne di prevenzione relative ai vaccini, di promuovere campagne di informazione sull’uso responsabile degli antibiotici in commercio, di sostenere azioni per un cambiamento culturale della popolazione, sostenendo la formazione degli operatori sanitari e rilanciando la ricerca e lo sviluppo di nuovi antimicrobici, di prevedere incentivi finanziari per mettere a disposizione dei medici test diagnostici che possano in tempi reali evitare la somministrazione inutile di antibiotici e di dotare gli ospedali di servizi di microbiologia permanente.
Proposta di legge: S. 1375 – D’iniziativa dei senatori: Pagliari ed altri: Modifica alla legge 20 dicembre 2012, n. 238, per il sostegno e la valorizzazione del Festival Verdi di Parma e Busseto e del Roma Europa Festival
È un provvedimento che conferma l’attenzione che il Parlamento e il Governo hanno dedicato, in questi ultimi anni, all’obiettivo di valorizzare e sostenere l’immenso patrimonio culturale custodito nella provincia italiana, favorendone la diffusione e la conoscenza. Con la proposta di legge si valorizza e si cerca di dare sostegno e stabilità all’attività del Festival di Parma e di Busseto che porta il nome di Giuseppe Verdi e ne porta avanti la memoria e del Romaeuropa Festival. E’ giusto che festival come questi vengano supportati e che si pensi a un meccanismo automatico per cui, senza il bisogno di passare da una legge ad hoc, si intervenga per far accedere al Fondo unico dello spettacolo, che allo stesso tempo va rafforzato, arricchito e reso più efficace e dinamico.
Mozioni Airaudo ed altri n. 1-01451, Simonetti ed altri n. 1-01481, Capezzone ed altri n. 1-01482, Ciprini ed altri n. 1-01488, Pizzolante e Bosco n. 1-01489, Civati ed altri n. 1-01490 e Polverini e Occhiuto n. 1-01491 concernenti iniziative in relazione ai quesiti referendari in materia di Jobs Act
Con la mozione si affronta il tema dei referendum ammessi dalla Corte costituzionale recentemente, promossi dalla Cgil sul tema dei voucher e della solidarietà tra appaltante e appaltatore nei confronti dei diritti dei lavoratori.
Nella discussione si tende a ricondurre i referendum, e la discussione ad esso connessa, al Jobs Act. Allora è bene tenere presente il senso del Jobs Act e le ragioni con le quali era stato motivato, la visione, l’approccio: la scelta del Jobs Act è stata quella di mettere al centro il lavoro a tempo stabile e indeterminato. È questo il senso, poi, della legge delega e dei decreti attuativi che hanno tradotto questa scelta in nuovi ammortizzatori, in una nuova definizione del lavoro a tempo indeterminato, nella scelta di norme per agevolare il valore sociale della maternità, i congedi parentali e la conciliazione, le politiche attive del lavoro.
I voucher nascono per retribuire il lavoro occasionale. Per interventi che si sono succeduti (e non nel Jobs Act, che al contrario ha ridotto la platea di applicazione) lo strumento ha avuto, non solo un uso distorto o un abuso, ma proprio un altro uso rispetto all’origine e alle motivazioni con le quali era stato introdotto. L’esplosione evidentemente abnorme del numero e dell’aumento dei voucher ha allertato prima di tutto – prima ancora che iniziasse il percorso con cui la CGIL ha attivato il referendum – il Partito Democratico (ci sono proposte di legge del Partito Democratico in Commissione lavoro ben precedenti); e ha allertato il Governo, che ha stabilito alcuni strumenti per andare ad indagare quell’esplosione numerica: da un lato, le ragioni di quell’esplosione, dall’altro, la tracciabilità, già identificata e contenuta in un decreto attuativo di Ottobre, per aiutare il monitoraggio del loro utilizzo. Il nostro obiettivo è quello di ricondurre i voucher all’occasionalità con la quale erano stati pensati e il monitoraggio serve, dunque, per aiutarci a fare le scelte migliori e per ricondurli a questo obiettivo originario. Non vogliamo che la precarietà sia al centro del mercato del lavoro: vogliamo il lavoro stabile. Ecco perché in questi anni abbiamo incentivato il lavoro stabile tramite diverse misure fra cui la decontribuzione. Il metro di misura per valutare il Jobs Act è il numero di nuovi lavori, di lavori stabili, quei 656 mila lavoratori e lavoratrici stabili in più degli ultimi due anni. L’impegno che il Partito Democratico crede sia necessario oggi, in un confronto con le parti sociali, che deve essere un riferimento costante dell’azione di riforme, utile a trovare le soluzioni giuste, e in relazione a proposte di legge del Partito Democratico che già sono depositate, è che si trovino le soluzioni migliori su questi temi, non tanto per risolvere i quesiti referendari, ma perché quell’esplosione di voucher rappresenta una situazione di precarietà, una nuova frontiera di precarietà che noi non vogliamo.
Di seguito il mio intervento in aula:
Relazioni sull’attività svolta, approvate dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro (Doc. XXIII, nn. 10 e 23)
Il Partito Democratico ha convintamente voluto l’istituzione della Commissione: il frutto di questa determinazione è la scoperta di molti elementi nuovi riconducibili ai 55 giorni. La Commissione ha scoperto omissioni, falsità, superficialità di molte indagini, partecipazioni attive ed omissive di soggetti che avrebbero dovuto muoversi per prevenire e reprimere i fenomeni terroristici. Il Partito Democratico ha cercato in ogni modo di portare fuori da questo palazzo la verità e di sensibilizzare l’opinione pubblica con l’organizzazione di oltre 370 incontri, tutti molto partecipati, nei quali non ci siamo limitati a ricordare lo statista Moro, ma abbiamo studiato, analizzato, discusso di tutto quello che è successo e non ci è stato detto sul caso Moro. Alle domande per troppo tempo inevase, grazie alla Commissione Moro odierna, oggi diamo risposte. Leggi qui l’intervento in aula.