Questa settimana non c’è stata aula per via delle elezioni regionali in Sicilia. E’ iniziato però al Senato l’iter della legge di bilancio e si inizia a discutere delle misure presenti e di quelle da inserire con il lavoro parlamentare.
La polemica politica si è concentrata sul “bonus bebè” che, entrato in vigore nel 2014 con durata di 36 mesi e scadenza al 31 dicembre del 2017, non è stato rifinanziato. Il mancato rifinanziamento ha generato un acceso dibattito fra i sostenitori e i detrattori del bonus.
Il nostro è un Paese in cui nascono pochi bambini e allo stesso tempo il desiderio di maternità e paternità è doppio rispetto alla realtà.
Siccome le cause sono molte, le soluzioni devono essere altrettante: perciò è fuorviante ridurre tutto ad un match tra bonus bebè sì o bonus bebè no.
Per contrastare la denatalità e rispondere al desiderio delle persone di fare figli bisogna continuare a creare occupazione stabile, a far aumentare l’occupazione femminile, implementare i servizi e rafforzare e promuovere la conciliazione tra tempi di vita e di lavoro e la condivisione tra madri e padri delle responsabilità genitoriali. E sostenere economicamente le famiglie in modo strutturale. Ad esempio tramite un assegno universale per ciascun figlio, dalla nascita fino a 25 anni, tramite la possibilità di detrarre il costo di baby-sitter e badanti e tramite la riduzione dell’Iva sui prodotti della prima infanzia. Cioè bisogna riorganizzare in questo senso le misure e i bonus esistenti per allargare la platea di chi può utilizzarli, renderli più efficaci e consolidare la direzione di marcia avviata con i governi Renzi e Gentiloni.
Una riforma così, capace di creare una rete di protezione sociale universale per tutti, non sarà possibile in questa legge di bilancio: dovrà essere il nostro impegno centrale per la prossima legislatura.
Ma eliminare il bonus bebè non aiuta certo ad andare nella direzione di una riforma strutturale: diventerebbe solo un passo indietro e una riduzione delle risorse verso le famiglie. Che non si può fare.
E quindi il nostro impegno è per reintrodurlo e allo stesso tempo allargare le misure esistenti di conciliazione e condivisione della vita privata con il lavoro.
Una misura molto significativa già presente invece nella bozza della legge di bilancio è l’introduzione di un fondo nazionale per garantire la maternità delle atlete. Ad oggi infatti le atlete non professioniste erano costrette a recidere il contratto nel momento della gravidanza.
Presenteremo questa misura martedì 7 Novembre con una conferenza stampa nella sala stampa della Camera dei deputati