Premessa
Nella settimana la Camera ha definitivamente approvato la riforma Costituzionale. Saranno ora i cittadini e le cittadine con il referendum confermativo a dare il giudizio finale sulla riforma che ha una portata storica, perfino al di là delle opinioni sui suoi contenuti, perché porta a compimento cambiamenti dell’assetto istituzionale auspicati da 30 anni.
– Viene definitivamente superato il bicameralismo perfetto: la Camera dei Deputati, eletta a suffragio universale, sarà l’unica a votare la fiducia al Governo. Il Senato della Repubblica diventa invece rappresentante delle istituzioni territoriali. Sarà composto da novantacinque senatori eletti dai consigli regionali e da cinque senatori nominati dal Presidente della Repubblica. In questo modo si semplifica il processo legislativo e si amplifica il potere decisionale.
– E’ stata ultimata la riforma del titolo V della Costituzione, eliminando definitivamente le province e ridefinendo chiaramente le competenze e i rapporti tra regioni e stato centrale.
– Sono state introdotte norme che garantiscono la democrazia paritaria: le leggi che disciplinano le modalità di elezione di entrambe le Camere promuovono l’equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza. L’equilibrio sarà garantito anche a livello regionale: l’art. 122 della Costituzione (che è quello che definisce i principi che le leggi elettorali regionali devono rispettare) aggiunge ai principi quello dell’equilibrio nella rappresentanza di donne e uomini.
I critici più severi della riforma sostengono che l’insieme della riforma costituzionale e di quella elettorale (Italicum) mettono in pericolo la democrazia e riducono il potere dei cittadini. Al contrario la democrazia è messa a rischio esattamente dal cattivo funzionamento delle istituzioni, dalla loro inefficacia, dalla incapacità di decidere e scegliere. (Calamandrei)
Argomenti e giudizi questi ultimi che sono stati alla base per molti anni delle molte proposte – a sinistra – e dei tentativi non riusciti – non solo a sinistra – di riforma istituzionale: dalla Bicamerale al programma del Lingotto e di Italia Bene Comune. Dalla riforma approvata al contrario esce un assetto parlamentare più europeo, un processo legislativo più semplice ed efficiente ,un rapporto stato regioni più equilibrato che avrà il giudizio finale dei cittadini attraverso il Referendum.
Disegno di legge costituzionale: Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione (A.C. 2613-D)
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Bicameralismo abolito. La funzione legislativa non sarà esercitata più collettivamente dalle due Camere così come previsto dall’articolo 70 della Costituzione, sarà appannaggio della sola Camera dei deputati escluso alcune materie (come le leggi di revisione costituzionale) su cui dovrà intervenire anche il Senato. Anche il voto di fiducia all’esecutivo spetterà solo alla Camera e il Senato non potrà più concedere amnistia e indulto. Come nell’attuale testo costituzionale i membri del Parlamento eserciteranno le loro funzioni “senza vincolo di mandato”.
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Senato dei 100 Si crea un Senato con poteri limitati e composto solo da 100 membri (95 più i 5 di nomina presidenziale). I nuovi senatori saranno scelti dai Consigli regionali e dai Consigli delle Province autonome di Trento e Bolzano. Inoltre ciascuna Regione eleggerà un senatore tra i sindaci dei rispettivi territori.
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Equilibrio della rappresentanza tra donne e uomini. Con le modifiche all’art. 55 e all’art.122 si prevede l’equilibrio della rappresentanza tra i principi cui devono ispirarsi le leggi elettorali per le elezioni politiche e quelle regionali.
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Si alza il quorum per l’elezione del capo dello stato. Si mantiene invariata la platea dei Grandi Elettori che sarà composta dal Parlamento in seduta comune, ma non ci saranno più i delegati regionali. La Camera ha cambiato i quorum fissati dal Senato: occorreranno i 2/3 dell’Assemblea nei primi tre scrutini; dal quarto scrutinio sarà sufficiente la maggioranza dei 3/5 dell’Assemblea, mentre dal settimo i 3/5 dei votanti. Modifiche anche all’articolo che riguarda il rinvio delle leggi da parte del Quirinale: il presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione, ma non su specifiche disposizioni della legge, come previsto invece dal testo uscito da Palazzo Madama.
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Provincie abolite più competenze allo Stato che potrà anche commissariare regioni ed enti locali in caso di grave dissesto finanziario Lo Stato, inoltre, potrà esercitare una “clausola di supremazia” verso le Regioni a tutela dell’unità della Repubblica e dell’interesse nazionale
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Iter legislativo Cambia l’articolo 72 della Costituzione con l’introduzione di una corsia preferenziale per i disegni di legge del governo che può chiedere che la Camera si pronunci entro 60 giorni. Escluse da questo iter le leggi bicamerali, le leggi elettorali, la ratifica dei trattati internazionali, le leggi che richiedono maggioranze qualificate
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Referendum Le firme necessarie per chiedere un referendum abrogativo restano 500mila, con il quorum per la validità della consultazione posto al 50% più uno degli elettori (come è adesso). In caso si arrivi a 800mila firme, invece, il quorum si abbassa: sarà sufficiente che vada a votare la metà più uno dei votanti delle ultime elezioni politiche. Sono introdotti i referendum propositivi e d’indirizzo. Per presentare una legge di iniziativa popolare bisognerà raccogliere 150mila firme.
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Legge elettorale Si introduce in Costituzione il giudizio preventivo della Corte costituzionale sulle leggi elettorali
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Stato di guerra. Cambia il quorum per deliberare lo stato di guerra non sarà più sufficiente la maggioranza semplice della sola Camera dei deputati ma servirà la maggioranza assoluta dei componenti.
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Stipendi e rimborsi regionali Ai senatori non spetteranno le indennità parlamentari, che invece saranno appannaggio dei soli deputati. Soppresso il Cnel e previsto un tetto agli stipendi di Presidente e consiglieri regionali, che non può essere superiore a quello dei sindaci dei capoluoghi di Regione.
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