Premessa
Alla Camera questa settimana è stata approvata una delega al governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza: un provvedimento molto importante e innovativo.
In questa settimana la polemica politica è stata molto aspra nei partiti e tra i partiti e come spesso è accaduto il livello della polemica finisce per oscurare fatti importanti: come l’arrivo in aula il 20 febbraio del testamento biologico, una scelta di civiltà vanamente inseguita da anni, il 27 febbraio del disegno di legge che riconosce diritti pieni alle persone che svolgono lavoro autonomo e allo Smart working oltre all’inizio del percorso parlamentare sulla legge elettorale per rendere omogenei i modelli oggi a disposizione.
Fra le notizie positive della settimana politica e da sottolineare il «Patto nazionale per un Islam italiano» che vede come protagonisti il Mistero dell’Interno Minniti e 11 rappresentanti delle associazioni musulmane grandi e piccole, che rappresentano il 70% dei musulmani d’Italia. Il patto prevede 20 impegni, 10 sottoscritti dal ministero e 10 dalle comunità, di fondamentale importanza per fare un passo avanti sulla politica dell’integrazione, della libertà religiosa e anche verso l’isolamento del terrorismo internazionale. Fra i punti più importanti vi è la formazione di Imam e guide religiose che prelude a un albo degli imam, l’impegno a rendere pubblici nomi e recapiti di imam, guide religiose e personalità in grado di svolgere efficacemente un ruolo di mediazione tra la loro comunità e la realtà sociale e civile circostante; la massima trasparenza nella gestione e documentazione dei finanziamenti; l’istituzione di tavoli interreligiosi nelle prefetture e l’impegno a rendere le moschee dei luoghi accessibili anche ai non musulmani e di celebrare i sermoni in italiano (Qui il documento completo). Sulla scia dei valori costituzionali e dell’inclusione della diversità religiosa questo patto è un passo avanti importante anche perché non chiede soltanto ai musulmani di sottoscrivere dei valori, ma a sua volta responsabilizza lo Stato impegnandolo concretamente nel riconoscimento dell’interlocutore. Un esempio di politica per l’integrazione di cui abbiamo estremo bisogno in Europa (e nel mondo).
Disegno di legge: Delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza (A.C. 3671-bis-A)
La Camera dei deputati ha approvato il 1° febbraio la delega al Governo per la riforma della disciplina della crisi di impresa e dell’insolvenza. Si tratta di un settore particolarmente delicato dato che dalla riforma di questo settore dipende la possibilità per i cittadini di vedere soddisfatti i propri diritti di credito, spesso considerati inesigibili se coinvolti in una procedura concorsuale. Questo provvedimento è frutto dell’elaborazione di una commissione governativa nominata ad hoc, presieduta dal consigliere Renato Rordorf, con l’intento di riformare la materia concorsuale in modo organico. Il testo è stato oggetto di una importante attività emendativa, sia da parte della Commissione Giustizia che dell’Aula, e preceduto da un’indagine conoscitiva apertissima a tutte le categoria professionali. Lo scopo della riforma è quello di introdurre principi chiari, dentro leggi omogenee e dentro leggi che abbiano una loro coerenza interna, ricavare quei principi che possano consentire agli interpreti di intervenire anche a fronte di modifiche repentine che ci sono nella società e nell’economia, nonché di trovare un nuovo equilibrio, più corretto, tra questi interessi contrapposti che ci sono, che sono in campo e che sono, ovviamente, interessi delicatissimi, che muovono interessi economici enormi. Il provvedimento è innovativo sotto diversi profili: nel generale quadro di favore per gli strumenti di composizione stragiudiziale della crisi, viene introdotta una fase preventiva di “allerta”, finalizzata all’emersione precoce della crisi d’impresa e ad una sua risoluzione assistita; si facilita, inoltre, l’accesso ai piani di risanamento e agli accordi di ristrutturazione dei debiti; si semplificano poi le regole processuali, prevedendo l’unicità della procedura destinata all’esame di tutte le situazioni di crisi e di insolvenza; si rivede la revisione della disciplina dei privilegi che, tra le maggiori novità, prevede un sistema di garanzie mobiliari non possessorie; si individua il tribunale competente in relazione alle dimensioni e alla tipologia delle procedure concorsuali, assegnando le procedure di maggiori dimensioni al tribunale delle imprese (a livello di distretto di corte d’appello); si elimina la procedura fallimentare sostituendola con quella di liquidazione giudiziale; si rivisita, sulla base delle prassi verificate e delle criticità emerse, la normativa sul concordato preventivo, considerato ad oggi lo strumento più funzionale tra i vigenti; si elimina come procedura concorsuale la liquidazione coatta amministrativa, che residua unicamente come possibile sbocco dei procedimenti amministrativi volti all’accertamento e alla sanzione delle gravi irregolarità gestionali dell’impresa; si prevede una esdebitazione di diritto (non dichiarata, quindi, dal giudice) per le insolvenze di minori dimensioni; si modifica la normativa sulle crisi da sovraindebitamento; colmando una lacuna dell’attuale legge fallimentare, si introduce, infine, una specifica disciplina di crisi e insolvenza dei gruppi di imprese. In conclusione, questo provvedimento tiene conto di interessi diversi: l’interesse dell’imprenditore che avrà la possibilità di non finire nel precipizio, nel baratro del fallimento, l’interesse dei tantissimi piccoli creditori, spesso chirografari, cioè quelli a cui la procedura fallimentare, poi, riserva ben poco, anzi, spesso, quasi niente e l’interesse complessivo dello Stato, sul quale finiscono per gravare oneri pesantissimi. Approfondisci qui