In questi giorni si discute in aula il decreto su “Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni”. Nonostante il roboante nome, è un decreto omnibus al cui interno sono presenti articoli che nulla hanno a che fare con la pubblica amministrazione, come articolo 11 sui rifiuti o il 12 sull’Ilva di Taranto. Nei giorni scorsi abbiamo lanciato un allarme: se non si prorogheranno i contratti in scadenza al 31 dicembre 2013 almeno di 36 mesi, rischiamo un shutdown della pubblica amministrazione. Rischiamo di vedere crollare tutti quei servizi che in questi anni sono stati sostenuti da un esercito di giovani precari: pronto soccorsi, ospedali, camere operatorie, enti di ricerca e università, scuole materne e asili nido, uffici immigrazione. Il decreto 101 infatti più che eliminare la precarietà che ha caratterizzato il lavoro nel settore pubblico e quindi anche i servizi collegati a quel lavoro, elimina i precari. Definisce un percorso di stabilizzazione che (ad essere ottimisti) toccherà 10.000 persone che in questo momento sono assunte con contratto a tempo determinato e hanno tre anni di lavoro alle spalle. I contratti in scadenza il 31 dicembre 2013 sono 126.000 di questi 40.000 sono esclusi dal provvedimento perché interinali e cocopro, mentre il decreto si occupa solo di contratti a tempo determinato. Degli altri 80.000 contratti a tempo determinato soltanto 50.000 hanno i requisiti richiesti e i posti vacanti sono più o meno 10.000. La cosa assurda è che vengono nominati i fattori che generano la precarietà strutturale del lavoro nel pubblico impiego, ma non vengono cambiati. E’ evidente che senza sbloccare il turnover (quindi sostituire le persone che vanno via dal settore pubblico per pensione o altro) e cambiare il patto di stabilità che non consente assunzioni se non entro certi criteri, la situazione non cambierà di una virgola. Grida vendetta poi il fatto che non si trovino soluzioni per i precari e invece in un articolo del decreto si risolvono i problemi ad personam di singoli dirigenti di singoli settori come nel caso Consob. Stiamo provando comunque a migliorare il decreto, nonostante è evidente l’inadeguatezza delle risposte rispetto al problema, chiedendo di allargare la platea che è stata proposta, sostenendo per esempio nel caso degli enti pubblici di ricerca che i requisiti dei tre anni necessari per partecipare al concorso si calcolino al momento dell’emissione del bando e non al momento della conversione del decreto legge, come invece prevede il decreto.